“Felice come una Pasqua” è uno dei modi di dire più frequenti per spiegare lo stato d’animo di una persona contenta, che si sente bene e in armonia con sé e con gli altri. L’espressione è usata sia da chi della Pasqua apprezza unicamente le vacanze o le uscite fuori porta sia da coloro che il reale significato della Pasqua lo vivono con consapevolezza festeggiando la gioia della rinascita e la vittoria della vita “incarnate” nella risurrezione di Gesù.
Il termine Pasqua è di origine ebraica ed è legato in particolare alla festa di Pésach, che celebrava il passaggio di Israele attraverso il mar Rosso, ossia dalla schiavitù d’Egitto alla libertà: è quindi evidente l’accezione altamente positiva di quanto significato. Prima ancora, Pésach era collegata all’attività agricola, in quanto festa del raccolto dei primissimi frutti della campagna, a cominciare dal frumento, e rappresentava il passaggio dall’inverno alla primavera con l’arrivo dei primi caldi e delle belle giornate. Ed è proprio in questi vari tipi di passaggio, di cambiamento di condizione, che si possono scorgere motivi di felicità.
Finalmente anche noi, dopo un inverno pandemico, durato oltre due anni, stiamo vivendo un passaggio, una primavera di rinascita che ci porta a essere davvero “felici come una Pasqua”. In una struttura che accoglie persone fragili e preziose, il lungo inverno di chiusure e restrizioni ha oggettivamente creato difficoltà a tutti, ospiti, familiari, operatori, come testimonia il coinvolgente resoconto di don Giuseppe Rigoni in questo numero. Il contributo e la pazienza di tutti hanno fatto sì che oggi si possa accogliere nuovamente in tranquillità i familiari degli ospiti, ma anche i volontari, gli amici che vengono in visita, le scolaresche che hanno ricominciato a rapportarsi con la Casa. Anche il fervore dei grandi e impegnativi lavori di messa in sicurezza e ristrutturazione dei diversi nuclei offre l’idea di rinascita dopo la stagnazione pandemica.
Oggi vediamo i familiari felici non solo di poter riabbracciare i propri cari (e non dimentichiamo quanto duro per tutti è stato il salutare il congiunto solo via tablet o telefonino) ma anche di relazionarsi ampiamente con tutta l’équipe che li segue, aiutandola e venendo da questa rassicurata in continuazione. Un gran bel mutamento!
Chi ha una persona cara ospite da molti anni all’Opsa ama sottolineare favorevolmente i passaggi tra come era l’organizzazione un tempo e come è ora. E se ieri abbiamo aperto la strada, con semplicità, all’accoglienza dei più fragili (sempre anticipando la società, fin dal 19 marzo del 1960), oggi a loro (e alle famiglie) offriamo non semplicemente assistenza, ma dignità, recupero, gioia, vita serena, una vita vissuta sempre dignitosamente.
Siamo a Pasqua e, mentre festeggiamo Cristo risorto, gioiamo anche di questo passaggio a una ritrovata primavera di aperture, di innovazioni, di crescita.
Auguri di serena e santa Pasqua, sempre incontrando Cristo nel fratello!