EDITORIALE
Se a febbraio ci imbattiamo in un articolo dedicato al Brasile, la prima cosa che associamo è il fantastico carnevale di Rio. Non sempre però tale collegamento è reale; ad esempio, in questi giorni, su Rio de Janeiro abbiamo anche la seguente notizia, tanto bella quanto inaspettata. In concomitanza con la nostra Giornata della Vita (che viene celebrata la prima domenica di febbraio) nell’ex capitale del Brasile si chiude la due giorni di un importante evento di cui pochi sono a conoscenza: il Beautiful Lives Festival. Due giorni per celebrare la bellezza della vita, di tutte le vite! Il festival ha una particolarità che ce lo rende alquanto vicino: è interamente progettato affinché le persone con disabilità possano vivere le stesse – e ribadiamo, le stesse! – esperienze delle altre persone.
Il festival, che nasce con l’obiettivo di costruire un mondo senza differenze, favorendo l’inclusione attraverso l’intrattenimento, propone cinque pilastri per costruire una società più “amica” delle persone con disabilità: fede, cultura, benessere, tecnologia e sport. Certo, si tratta di “componenti” che possono essere note a chi è dell’ambiente, come ad esempio l’importanza dello sport nel processo d’inclusione; altre forse sono meno scontate, come il ruolo sempre più importante dell’innovazione tecnologica nel mondo della disabilità.
La novità e bellezza di questo festival sta proprio nell’essere a 360° dedicato e strutturato per chi vive le disabilità sulla propria pelle. Non è un evento accessibile anche a loro, ma è specificamente per loro: e la differenza non è di poco conto. C’è da invidiare e magari da emulare questa due giorni brasiliana e la mentalità che la sottende; chissà che, grazie alla sensibilità di qualcuno, non si possa anche da noi, nell’avanzata ma fredda Europa, proporre qualcosa di simile. Lo slogan del festival brasiliano è “ogni vita è bella” e noi ne siamo certi, in quanto abbiamo quotidianamente il privilegio di toccare con mano questo assioma che qualcuno, magari, fatica a condividere.
Chi stenta a crederlo probabilmente non ha avuto la fortuna di conoscere persone come Giovanni, un ospite storico della nostra Casa che dopo sessantadue anni ci ha serenamente lasciato. Arrivato bambino il 3 maggio 1960 (poco più di un mese dopo l’apertura dell’Opera), si è ricongiunto alla mamma a gennaio, dopo aver trascorso una vita in piena armonia e gioia con il mondo dell’Opsa che l’ha accolto. Giovanni non era in grado di parlare, ma parlavano i suoi occhi sempre sorridenti, parlava il suo capire al volo le necessità di chi gli era a fianco, parlava il suo viso mai, mai corrucciato. Se è vero, come è vero, che “ogni vita è bella” – e, ribadiamo, Giovanni ne è stata una conferma – è allora doveroso “custodire ogni vita”, come propone il tema della 44ª “Giornata della Vita” indicato dai vescovi italiani.