La prima domenica di febbraio e l’11 dello stesso mese ricorrono rispettivamente la “Giornata per la Vita” e la “Giornata mondiale del malato”. I due appuntamenti non sono ubbie che la Chiesa, per quanto riesce, prova a porre all’attenzione almeno dei fedeli, ma vogliono dare evidenza alla necessità di un amore e di un impegno costanti nei confronti di chi è non autosufficiente, di chi ha continuamente bisogno di altre persone.
Purtroppo l’odierna, enorme mole di informazioni che ci piovono addosso ha reso tutti assuefatti e quasi impermeabili anche al fatto di cronaca più squallido. Tuttavia per chi come noi opera nel cosiddetto terzo settore fanno davvero molto male notizie aberranti come la triste e tragica vicenda che, nel Foggiano, ha visto coinvolto parte del personale di una struttura sociosanitaria-riabilitativa, accusato di aver maltrattato e addirittura abusato di persone in condizioni di incapacità o inferiorità fisica o psichica. Cose da squallidi film horror di serie Z, purtroppo sono fatti realmente accaduti. Se la scioccante vicenda è sfuggita ai più o, dopo un soprassalto di rabbia, è caduta nel dimenticatoio fagocitata da altre migliaia di notizie, chi però con la disabilità e la malattia vive a contatto diretto o vi lavora quotidianamente non può non soffermarsi su quello che è accaduto in quella struttura ed essere giustamente amareggiato, anzi arrabbiato.
E ciò innanzitutto partendo dalla propria esperienza di servizio prestato a persone con disabilità. All’Opera la tensione affinché l’Ospite sia sempre al centro delle nostre attenzioni e non succube delle frustrazioni di qualcuno è un modus operandi che coltiviamo giorno per giorno; ed è cifra comune di altri centri affini al nostro.
Perché solo se il servire Cristo nei fratelli è reale e concreto, puoi aprire la porta ogni volta a tutti, ispettori e familiari, senza alcun timore e puoi raccontare la vita e la cronaca, antica e recente, della Casa con fierezza e gioia. Diciamo gioia facendo riferimento al fatto che, dopo quasi tre anni di alta emergenza covid, da metà dicembre fino a Natale e poi fino all’Epifania all’Opera della Provvidenza è stato tutto un susseguirsi di incontri, momenti di festa, gioco e preghiera con e per gli ospiti, assieme agli educatori e ai diversi gruppi di volontari che, finalmente, sono potuti tornare anche d’inverno in maniera residenziale.
E non è tutto facile e semplice come potrebbe sembrare… Alzare il livello di benessere totale di una persona con disabilità, lieve o grave che sia, o di un soggetto colpito da Alzheimer comporta un lavoro di squadra importante e complesso in quanto, proprio in virtù dell’estrema fragilità della persona, nulla può essere lasciato al caso. Tanto più quando sei accanto e ti prendi cura non di una ma di centinaia di donne e uomini fragili. Anche per questo ringraziamo di essere Chiesa, sostenuti – interiormente e comunitariamente – da queste “Giornate”, preziosi appuntamenti che ci “provocano” e ci fanno pregare, ringraziare, raccogliere energie per un servizio sempre più adeguato.