Lo slogan il bene, che opera! è il payoff, cioè la breve frase che accompagna il logo dell’OPSA e definisce il perno attorno al quale si è sviluppata la nostra casa. Per molti l’OPSA è stata ed è la casa del bene, sperimentato in una circolarità che ha coinvolto tutti gli interessati al processo di cura. Letta senza punteggiatura la frase ricorda che il bene non chiude mai per ferie, è sempre in attività, anzi è più fecondo quanto più è nascosto, come il seme, generativo nel nascondimento. Letta con la punteggiatura esprime lo stupore e la meraviglia che il bene genuino suscita, specie quando matura in contesti apparentemente aridi. Il bene non è un’astrazione anonima ed evanescente; ha il volto, le mani, i piedi e lo sguardo di chi ce l’ha nel cuore e lo concretizza nel proprio agire quotidiano. Come non stupirsi del potenziale di bene che c’è in ogni persona!
È cosa buona unire le forze per garantire a tutti una buona salute (sia fisica che mentale) e delle relazioni sociali di qualità. Ancora nel 1964 l’OMS ha definito la salute non soltanto come un’assenza di malattia o infermità, ma come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Il bene di un uomo e di una donna non è garantito dalla lotta alla malattia ma dalla promozione del suo benessere biopsicosociale e, aggiungiamo, spirituale. C’è infatti un benessere che si sperimenta quando ci si apre a quel Bene che rende possibile il bene, lo alimenta e rigenera senza fine. Lo abbiamo visto palpitare nel Bambino di Betlemme, in grado di portare luce anche nelle notti più buie. È il Bene che ci mantiene in piedi durante i periodi di cambiamento e/o di difficoltà. Di questo bene integrale l’OPSA è stata palestra e intende continuare ad esserlo.
Il bene non ha bisogno di pubblicità ed, effettivamente, il nostro obiettivo è anzitutto fare il bene! Narrarlo può però generare nuovi percorsi, irrobustire progetti già avviati, rianimare motivazioni e passione in chi ha perso l’entusiasmo. Il bene infatti deve spesso scontrarsi con la resistenza e la fatica, esattamente come il seme che deve farsi strada tra le zolle. Il profeta Isaia ricorrendo alla figura retorica dell’adynaton (cosa impossibile) annuncia il tempo nel quale saranno bandite malvagità, aggressività, ingiustizia, ecc.. Il rifugio condiviso dal lupo e dall’agnello, il pascolo frequentato pacificamente dal leopardo e dal capretto, dal vitello e dal leoncello, dalla mucca e dall’orsa, l’anfratto ospitale congiuntamente per il lattante e la vipera, per il bambino indifeso e per il serpente velenoso non sono le piazze, i tribunali, i palazzi del potere, gli ospedali. Certo sono questi i luoghi ove si deve garantire a tutti il godimento dei diritti fondamentali, comporre le tensioni e creare le condizioni per una vita sociale e individuale all’insegna della giustizia e della libertà. Ma i cammini intrapresi saranno efficaci e giungeranno a dei risultati duraturi nella misura in cui dentro ciascuno di noi il bene sarà più forte del male, la pazienza dei tempi lunghi avrà la meglio sulla logica del tutto e subito. Ecco perché è importante comunicare buone notizie e perché il bene, che opera! non è solo il payoff dell’Opera ma di chiunque desideri fare bene il bene!