EDITORIALE
In questa estate infuocata è piacevole riportare le numerose e interessanti iniziative che vedono protagonisti i nostri ospiti. Con la bella stagione, sono le visite e i pellegrinaggi a farla da padrone. Ad esempio, i nostri sacerdoti raccontano del pellegrinaggio al santuario della Madonna di Monteortone; e sempre da pellegrini, ci parlano i componenti della corale dell’Opsa che, assieme ad altri ospiti, hanno pregato e animato la S. Messa alla basilica del Santo in occasione della “tredicina” di Sant’Antonio. Un tuffo nel passato poi lo si può fare con gli ospiti del “Kolbe” rivivendo con loro i bei tempi andati, attraverso il vestiario giornaliero e dei giorni di festa di una volta.
Come da tradizione, il numero di luglio riporta le immagini della S. Messa dei nuovi preti della diocesi di Padova, i quali non mancano di ricordare il periodo di formazione vissuto presso la nostra Casa. Giusto per l’estate, le “nostre” Sorelle della Visitazione raccolgono la bellezza dei racconti di una coppia di nonni che, andando a trovarle, riporta loro la gioia e la bellezza del dialogo con i nipotini, dialoghi sempre sinceri, innocenti, solari. È un numero, insomma, godibile e luminoso questo dei mesi estivi, proprio come quando sotto l’ombrellone si invita a sfogliare e leggere riviste o libri non troppo impegnativi. Ma…
Ma un grido risuonato nelle stanze Onu a Ginevra ha intaccato la serenità del quadro: «Non sono né medico, né giurista, sono la mamma di Vincent». È cominciato così, lunedì pomeriggio 1° luglio, il toccante intervento della francese Viviane Lambert, da anni al centro della battaglia per il diritto alla vita del figlio 42enne, paziente tetraplegico “in stato di minima coscienza” a cui i giudici in Francia hanno deciso di sospendere l’alimentazione e il bere.
Non tocca a noi entrare negli aspetti clinici, medici e legali della situazione che, giunta a questo punto, richiede personale specializzato per parlarne. Da evidenziare sono le parole della signora: “…sono la mamma!”. Questo grido disperato non può non richiamare l’appello, per fortuna di tutt’altro genere, pronunciato dal vescovo Girolamo Bortignon, il 19 marzo del 1960, giorno d’apertura della nostra Casa: “Io guardo questi bambini e penso in questo momento come li vedo nelle mie visite pastorali. Li vedo in una famiglia, li vedo con la mamma accanto, li vedo in questo caso curati proprio con grande amore, con grande carità”; e ancora: “Quindi questi bambini portati qui non solo loro soli: sono con il cuore della mamma”; e infine: “La mia viva esortazione ai sacerdoti, ai medici, alle suore e a tutti quelli che qui presteranno la loro opera: che portino proprio il senso, il sentimento, il cuore delle loro mamme”.
In luglio preghiamo affinché in Francia (e in tutto il mondo) il grido di quella donna, “sono la mamma”, possa ottenere ascolto, possa ottenere ciò che quasi sessant’anni fa rivendicava per i primi ospiti un grande vescovo: il rispetto e la dignità di ogni vita, fino alla fine.