Due avvenimenti importanti, seppur diversi e distinti, hanno caratterizzato la vita dell’OPSA tra la fine di giugno e l’inizio di luglio. Il primo, OPSA in Prato, ha portato l’Opera a essere protagonista per quattro giorni di un evento che, oltre a solleticare i palati e allietare i cuori, ha trattato in maniera approfondita il tema dell’“imperfezione”, anzi dell’“imperfezione di qualità”, come potrete apprezzare nell’ampio resoconto all’interno e qui sul sito. Anticipiamo solo il fatto che azzeccatissima si è rivelata la scelta di usare il cibo con qualche difetto (spesso eliminato) come metafora della persona con fragilità, che tende a venire emarginata se non scartata dalla società, proprio come un cibo scaduto. Uno sforzo enorme, OPSA in Prato, che però ha dato grandi soddisfazioni e che, soprattutto attraverso i qualificati interventi degli ottimi relatori, ha lanciato chiaro e forte il messaggio alla società: che l’imperfezione tocca tutti (d’altronde si dice “nessuno è perfetto”, no?) e che anche nell’imperfezione la qualità c’è, basta cercarla!
Il secondo evento, più interno all’OPSA, ha però un significato tutto particolare, in quanto si è svolto il 2 luglio, giorno in cui, nel lontano 1955, l’allora vescovo di Padova mons. Girolamo Bortignon, al termine della visita pastorale alla diocesi, andò sulla tomba del Santo a pregare per capire cosa poter fare per tutte le persone con disabilità che allora vivevano in misere condizioni e spesso segregate: da lì scaturì l’idea profetica di erigere questa Casa. Non poteva allora esserci giorno migliore per inaugurare nella nostra Chiesa la nuova opera dell’artista padovano Romeo Sandrin, con la benedizione da parte del vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla (ne abbiamo parlato anche qui). È una scultura in terracotta dedicata alle sette Opere di misericordia corporali attraverso le quali, come scrisse Papa Francesco nel messaggio per la Quaresima 2016, «tocchiamo la carne del Cristo nei fratelli e nelle sorelle che sono nel bisogno». Il motto voluto dal vescovo Bortignon, Christo in fratribus ossia (servire) Cristo nei fratelli, che campeggia all’entrata dell’OPSA, lo possiamo certamente esplicitare con “dare da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi…”. E magari possiamo pensare che, prima ancora del “dar da mangiare e bere”, sant’Antonio abbia potuto ispirare al vescovo un prerequisito per quella umanità disagiata che mons. Bortignon voleva aiutare: riconoscere la dignità di persone a coloro che fino ad allora la società non considerava meritevoli di cura e attenzione. E così i due eventi si annodano in unità d’ispirazione e invitano a rinnovare scelte di accoglienza, inclusione, cura delle fragilità, fraternità e speranza.
Chiudiamo questo editoriale nell’introdurvi alcune novità che noterete nello sfogliare sin dal sommario questo numero de La Provvidenza, che stiamo progressivamente rinnovando. Abbiamo riorganizzato i nostri contenuti in cinque rubriche abbinate a un colore di riferimento: il rosso caratterizza OPSA è, dove trovate tutte le ultime notizie sulla nostra struttura in quanto tale, e i progetti che portiamo avanti con l’obiettivo di offrire ai nostri Ospiti e alle loro famiglie la miglior assistenza possibile. In Vita della Casa¸ con il colore verde, ci sono i racconti delle esperienze che i nostri Ospiti hanno vissuto recentemente. Il blu è associato a OPSA e Vita della Chiesa, che raccoglie i consueti preziosi contributi e riflessioni di mons. Mario Morellato e padre Antonio Ramina, oltre che le notizie legate alla nostra Chiesa che entro il 2024 sarà elevata a santuario mariano. Un fuxia acceso è il colore della rubrica Eventi, mentre in Amici di OPSA vi diamo conto con foto e articoli di chi viene a visitare la nostra struttura e la sostiene.