EDITORIALE
Quando il nostro periodico arriverà nelle diverse case e parrocchie sarà già scattata la cosiddetta “fase 2” ossia la possibilità di intraprendere, con le dovute precauzioni, il (lungo?) percorso di convivenza con il coronavirus e poi tornare a ciò che consideravamo “normalità”. Che strana la vita; o meglio, che strana la nostra vita! Fino a due mesi fa ci sembrava tutto ovvio e scontato, sembravamo inarrestabili, capaci di gestirci a nostro piacimento il nostro tempo: lavoro, svago, palestra, mostra, cena, volontariato, parrocchia, cinema, amici, e di più… È bastato un piccolo, invisibile virus per bloccare tutto e tutti: un’invisibile ma letale pestilenza ha messo in ginocchio tutti, specialmente il mondo evoluto, il mondo occidentalizzato con un piede già sulla Luna e uno quasi su Marte. E invece (nel momento in cui stiamo scrivendo) oltre duecentomila morti e quasi tre milioni di positivi a questo virus hanno resettato e reso al momento impraticabili le nostre “irrinunciabili” abitudini e, certo, la nostra vita quotidiana per un bel po’ cambierà.
Abituati o forse obbligati ai ritmi frenetici del periodo pre-virus, ci sentiamo come leoni in gabbia, bramiamo una stretta di mano, un abbraccio, magari anche un alterco, un battibecco con qualcuno pur di rompere l’isolamento sociale a cui, per l’incolumità fisica nostra e altrui, siamo costretti. Questa situazione forzata dovrebbe almeno farci riflettere su aspetti della nostra vita che ritenevamo scontati: la salute in primis, per molti la fortuna di avere un lavoro, ma anche la libertà di muoversi e di programmare come si desidera la propria giornata. In questo frangente abbiamo provato a pensare a coloro che non hanno mai potuto fare tutto ciò senza problemi, a coloro che questa mancanza di libertà di movimento e di programmazione la sperimentano addirittura per tutta la vita, o per una parte rilevante di essa, a causa delle proprie condizioni di salute?
All’Opera della Provvidenza la pandemia dovuta al Covid-19 ha fatto sì che gli standard di sicurezza e attenzione già elevati fossero ulteriormente innalzati per l’aspetto sanitario. Inoltre un grande sforzo è stato fatto anche per assicurare agli ospiti un minimo di attività ludiche ed educative, di possibilità di movimento e vita sociale, fondamentali per coloro che vivono qui. E stiamo parlando, ovviamente, dei nostri “tradizionali” ospiti e dei nuovi nei Centri Servizio di Casa Madre Teresa e San Massimiliano Kolbe. Così gli addetti ai diversi servizi (educativo, fisioterapico, psicologico), assieme e singolarmente, si sono organizzati in maniera tale da continuare un’attività di base compatibile con le rigide nuove norme, inventando anche altro di adatto alla situazione. Perché vivere è rispondere alla vita, è andare avanti con fiducia e responsabilità, è camminare da fratelli.
Affidiamo a Maria, Madre della Provvidenza, questo mese di maggio particolare, certi che, con il suo sguardo materno, saprà rinfrancare le nostre sofferenze e difficoltà, farci comprendere la vera umiltà con cui guardare al dono della vita, aprire il cuore a nuove condivisioni.