“Ci sono solo quattro tipi di persone nel mondo. Coloro che sono stati caregiver. Coloro che sono attualmente caregiver. Quelli che saranno caregiver e coloro che avranno bisogno di un caregiver.” (Rosalyn Carter, moglie dell’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter).
Caregiver, cioè un familiare che si occupa in modo informale di cura, supporto e vicinanza a un non autosufficiente e s’impegna nelle attività quotidiane di cura della persona. Secondo dati Istat, sono oltre dieci milioni in Italia, un popolo di persone che quotidianamente (e 24 ore su 24!) accudiscono nel miglior modo possibile un proprio familiare. Uomini e donne di cui si parla solo in caso di drammatici episodi di cronaca come i due recentemente accaduti in Abruzzo, dove familiari di persone anziane non autosufficienti hanno ucciso il congiunto per poi togliersi la vita. A volte, come in questi due casi estremi, qualcuno, stremato da anni e anni di silenzioso servizio, di incessante assistenza, trova nell’omicidio-suicidio l’unica via di fuga da un peso troppo gravoso. Grazie al cielo, sono casi assai rari (e comunque sempre troppi), ma il grido non deve restare inascoltato.
La disabilità può essere lieve o grave, fisica o intellettiva, ma loro ci sono, esercito invisibile a cui pochi tendono la mano, rivolgono una parola di conforto, un sorriso di apprezzamento, o offrono un pomeriggio di libertà. Fino a oggi, pur tra mille difficoltà, tra risorse sempre scarse e con il supporto della “buona volontà”, vi è stata una doverosa attenzione dei servizi educativo-riabilitativi nei confronti delle persone con disabilità. Ora è il caso di arrivare urgentemente a prendersi cura e prestare attenzione anche ai congiunti che le seguono, affinché non si “brucino” rischiando di compromettere seriamente la relazione con l’assistito. Non si pensa solo a un’attenzione dal punto di vista finanziario e previdenziale, aspetti certamente importanti al giorno d’oggi, che speriamo possano concretizzarsi nell’approvazione di un progetto di legge per il riconoscimento dei caregiver, fermo da sette anni in parlamento. È necessario un riconoscimento giuridico e sociale che permetta loro di essere non solo “genitori, figli o fratelli di…” ma primariamente persone i cui bisogni, vissuti ed esperienze, pur incrociandosi con quelli dell’accudito, non si esauriscono con essi.
Infine, una nota di casa Opsa. Ciao Gigi, addio! In un pomeriggio tranquillo di domenica, dopo aver “servito messa” come eri solito fare da sessantatré anni a questa parte, sereno hai chiuso gli occhi e sei stato chiamato in Cielo. Lì ad accoglierti come un padre, con le braccia aperte, come fece il 3 maggio 1960, ci sarà stato, felice, mons. Frasson: e questa volta è per sempre. Ciao Gigi, grande uomo a cui la sorte, per il comune sentire, non ha riservato molti privilegi, ma che invece ti ha riservato quello di sperimentare pienamente la potenza e la bellezza della Provvidenza del buon Dio, che non sempre ringraziamo abbastanza. Ma la Provvidenza c’è, c’è davvero, in ogni vita.