Sessantacinque anni fa, il 23 ottobre 1956, venne posata e benedetta la prima pietra dell’Opera della Provvidenza S. Antonio: così iniziò ufficialmente la nostra storia, frutto di un’idea profetica al servizio degli esclusi, degli ultimi. La Chiesa, attraverso le scelte di un suo illustre vescovo, il cappuccino Girolamo Bortignon, mentre il mondo era concentrato in altre tristi faccende (nei medesimi giorni si consumava il dramma dell’Ungheria), iniziava un cammino di speranza a favore delle persone con disabilità alle quali era ancora negata la piena dignità di uomini e donne. Sembra impossibile a noi che il mondo moderno, la società civile ancora non riuscisse ad accorgersi di queste persone. Quante famiglie umiliate, emarginate per la presenza tra i propri affetti di un disabile (ma i termini ricordiamolo erano ben più pesanti)! Quante persone tenute nascoste nelle stanze più recondite per vergogna ma spesso anche, a onor del vero, per affetto, per proteggerle da un mondo non comprensivo né accogliente. Esistenze di cui si mormorava, si sapeva qualcosa, ma delle quali si evitava accuratamente di affrontare il “problema”.
Dalla posa della prima pietra è passato parecchio tempo ma, soprattutto, è cambiato l’atteggiamento della società civile nei confronti delle persone con disabilità. Abbiamo potuto vederlo concretamente in questo periodo di pandemia quando, a causa della “serrata protettiva”, è stata a lungo sospesa la possibilità di prestare volontariato nella Casa. E sono stati molti coloro che fremevano affinché si potesse ricominciare a stare insieme agli ospiti. Ne sentivano infatti la mancanza, dato che, come ripetiamo frequentemente, si viene per dare un aiuto a chi soffre ed è in difficoltà ma si esce sempre ricchi di tenerezza, di amore che gli ospiti danno gratuitamente.
Oggi, dopo 65 anni, la persona disabile non è più da nascondere o da proteggere, e le immagini e i racconti de La Provvidenza lo testimoniano. Oggi le persone con difficoltà o con disabilità hanno riconosciuta innanzitutto la dignità un tempo negata e anche varie opportunità di vivere e assaporare la vita in base alle proprie possibilità. Come una gita in montagna o al mare, inimmaginabile un tempo; come pure l’incontro sereno con i conoscenti della propria infanzia, lo svago fine a sé stesso come tutti vorremmo poter fare ogni tanto.
Ciò che ricaviamo e possiamo apprezzare in questo numero de La Provvidenza sono piccole grandi conquiste rese possibili grazie anche a quel lontano 23 ottobre 1956, quando la Chiesa, attraverso l’intuizione profetica un vescovo coraggioso, si mostrò attenta a cogliere la richiesta di chi era invisibile al mondo moderno. L’esempio dei “padri nella fede” (e nella carità) diventa anche per noi oggi stimolo a fare ancor di più per superare ogni diseguaglianza e ingiustizia, nella logica prettamente evangelica di essere “fratelli tutti”.