la provvidenza settembre 2024

LA PROVVIDENZA – SETTEMBRE 2024

«Giuseppe e Concetta si sono sposati 60 anni fa a Torino. Quest’anno hanno festeggiato le loro nozze di diamante».

Questa notizia così laconicamente riportata mostra che ancora vi sono coppie che riescono a portare avanti la promessa di una vita insieme, anche dopo molti anni. Questa informazione è però incompleta, è solo l’incipit di un breve toccante scritto che Stefania, figlia di Giuseppe e Concetta, ha voluto spedire all’OPSA. Il testo continua così: «Quest’anno hanno festeggiato le loro “nozze di diamante” all’OPSA di Rubano circondati dai loro cari e da tanto affetto da parte di tutti i dipendenti del Centro Servizi Casa San Massimiliano Kolbe. La famiglia ringrazia per l’umanità e l’affetto con cui i due sposi di vecchia data sono stati sostenuti e accompagnati nel loro nuovo modo di vivere il matrimonio, separati dalla malattia, ma con la possibilità di stare vicini il maggior tempo possibile nella stupenda struttura grazie agli ausili, al personale e agli spazi verdi presenti nella struttura».

Un messaggio toccante quello di Stefania, che, sottolineando (e ne siamo ovviamente fieri) l’attenzione e la cura per la persona ammalata riscontrate nella nostra Casa, va a ribadire che la vita ha una dignità in tutto il suo corso. La malattia neurodegenerativa della mamma non era né banale né allo stadio iniziale: non a caso Concetta era ospitata al Kolbe, centro dedicato in modo particolare alle persone affette da decadimento cognitivo nelle fasi più avanzate.
Qui, come in tutta l’OPSA, l’équipe sociosanitaria si fa carico e si prende cura di tutta la persona, non solo dell’aspetto meramente medico: all’OPSA è centrale la proposta di un progetto di vita, specifico per ogni soggetto, che permetta di vivere al meglio ogni istante, anche l’ultimo. Tutta l’équipe, ognuno per le proprie competenze, si adopera per raggiungere l’obiettivo. Il Kolbe quindi è visto non come ultima tappa di un percorso di sofferenza, ma come luogo dove la vita viene vissuta fino alla fine, con le modalità e i sistemi possibili.

Nella nostra società la persona gravemente ammalata non sempre viene tutelata, si ha piuttosto l’impressione che venga sollecitata a “farsi da parte”, e vari media sembrano alla ricerca di casi limite per orientare l’opinione pubblica verso una deriva sempre più individualista e libertaria: è quindi urgente il compito di proporre una visione alternativa, non a parole ma con “l’operare bene”. L’OPSA ha tra i suoi i capisaldi le indicazioni, che ritroviamo nel Piccolo lessico del fine-vita pubblicato lo scorso giugno dalla Pontificia Accademia per la Vita dove si afferma che la “vita è relazione, la cura è relazione. La persona isolata, anche se autosufficiente, non esiste”.

La signora Concetta, poco dopo aver traguardato le nozze di diamante, ci ha lasciato. L’essere riusciti, insieme alla famiglia, a farle vivere pienamente tutto il tempo concessole è un piccolo ma chiaro e fermo segnale che, se è giusto e doveroso dialogare al rialzo sul delicato e scottante tema del “fine vita”, è altrettanto importante e necessario ribadire a tutti che scelte non individualiste né libertarie sono possibili: a patto che nessuno sia lasciato solo!