comitato etico fine vita

Fine vita: su La Repubblica, mons. Pegoraro suggerisce il dialogo e ricorda le leggi italiane

Iacopo Scaramuzzi firma un’intervista a mons. Renzo Pegoraro, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e presidente del Comitato Etico di OPSA; il pezzo è stato pubblicato su La Repubblica (edizione online del 6 luglio 2025) con il titolo Monsignor Pegoraro: “Sul fine vita Chiesa aperta al dialogo, dubbi sul comitato etico” .

L’intervista tocca molteplici temi, dal no della Chiesa al suicidio assistito e all’eutanasia, considerata secondo mons. Pegoraro “una sconfitta per il malato, per la famiglia, per la medicina stessa e per la società”, alla necessità di porre sempre maggiore attenzione alle cure palliative, che permettano l’assistenza e l’accompagnamento al fine vita senza dolore. La prerogativa per continuare a parlare sul tema è mantenere aperto il dialogo, trovando mediazioni per capire le forme di tutela da garantire alle persone malate e ai più fragili, contemporaneamente offrendo quelle che Pegoraro chiama “buone cure palliative” che consentono l’accompagnamento sul fine vita: una linea guida importante, già tracciata dalla legge n. 38/2010 (trattamento del dolore e cure palliative) e legge n. 219/2017 (consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento).

 

Dialogo sul fine vita: un tema sempre centrale

Il dialogo è uno dei temi centrali di questa intervista. Alla domanda “Che metodo andrebbe adottato per trattare l’argomento?” mons. Pegoraro spiega: 

“Insisto sull’impegno di un dialogo che coinvolga anzitutto i medici impegnati nelle cure palliative, che hanno maggiore esperienza di cura, presa in carico e accompagnamento nella fase terminale della vita. Poi è opportuno il dialogo con le associazioni, il volontariato e tutti coloro che esprimono una presenza della società civile in queste fasi. Il dialogo, il coinvolgimento di diverse competenze, esperienze, sensibilità potrebbe condurre a soluzioni anche giuridiche più adeguate. La Chiesa si impegna a promuovere questo dialogo e questo confronto, meno ideologizzato e più attento ai reali vissuti delle persone, che nella stragrande maggioranza cercano sempre di essere curate, anche quando la malattia evolve in modo negativo, ma non vogliono essere abbandonate né vogliono l’accanimento terapeutico. Nel dialogo e nel confronto possiamo individuare percorsi per gestire al meglio queste situazioni, sempre promuovendo i valori fondanti della nostra società che sono la presa in carico dei più deboli, il fatto che anche chi sta per morire è una persona che va salvaguardata nella sua dignità, accompagnata e non indotta o favorita ad autoeliminarsi. Non è il suicidio la risposta ai problemi quando oggi abbiamo reali ed efficaci alternative che curano la vita anche di chi muore, la vita anche per chi sta per concluderla”.

Per leggere l’intervista completa si rimanda all’articolo originale pubblicato su La Repubblica.