La Provvidenza – aprile 2025
EDITORIALE – p. 3
Oggi nella società e nei mass media vi è una scrupolosa attenzione al lessico, alla parola corretta, attenta a non turbare le diverse sensibilità e a non stigmatizzare alcune categorie. Tralasciando l’uso di asterischi e schwa, già rifiutato più volte dall’Accademia della Crusca, soprattutto nei documenti ufficiali, un linguaggio inclusivo è comunque una doverosa attenzione nei confronti di qualsiasi persona e gruppo per evitare espressioni discriminatorie o percepite come offensive.
È un po’ strano quindi che, in questo clima, sia passato quasi inosservato un appello dell’Istituto Treccani che, alla voce ‘Disabilità’ della nuova Appendice XI dell’Enciclopedia Italiana, ha invitato a superare le espressioni lessicali discriminatorie come “minorato”: parola presente anche nella Costituzione Italiana che, essendo stata promulgata quasi 80 anni orsono, in questo caso riflette un linguaggio non più adeguato. La
questione, per altro posta in termini garbati e positivi, porta a sottolineare come l’art. 38 della Costituzione, dove si trova il termine oggi “sorpassato”, parli di “inabili e minorati che hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”. Eravamo nel 1948 e per questa espressione la Costituzione italiana fu all’avanguardia, un unicum assoluto per l’epoca in quanto nessuna carta allora sanciva, per le persone con disabilità, il diritto all’educazione e al lavoro! L’invito “Treccani” è stato ben accolto dal ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli che parla di “tempi maturi anche per modificare l’articolo 38 della Costituzione” e “dell’utilizzo di parole giuste per accompagnare il salto culturale e di civiltà”. Un’eco maggiore, un dibattito costruttivo nei mass media attorno a questo appello del prestigioso Istituto sarebbe stato auspicabile per
favorire un veloce e unanime intervento del Parlamento al riguardo.
Arriva anche da casa nostra la conferma che termini e espressioni utilizzate decenni fa, oggi visti come inadeguati, vanno sempre contestualizzati. Infatti il termine “minorato” non aveva l’accezione negativa che oggi ha se il nostro fondatore, il vescovo Girolamo Bortignon, mentre parla con un sacerdote la famosa sera del 2 luglio 1955, così dice: “Bisogna fare qualche cosa per questi minorati. Questa sera vado a pregare sulla tomba del Santo, per avere lumi sul da farsi”. Ma, pur usando quel termine, ciò che il vescovo ha promosso, voluto e realizzato per le persone con disabilità era ed è qualcosa di grandioso, finalmente una risposta concreta, umana e cristiana alle richieste di tante famiglie. Per quelle persone e per le loro famiglie mons. Bortignon accese una speranza fino ad allora negata. A riprova che, quando si ama, i fatti reali valgono più delle parole
imperfette. Una speranza da coltivare è che tutto il mondo ecclesiale sia più attento alle persone con disabilità o “differenze” e lo esprima concretamente, anche con scelte di lessico.
Anche in questo aspetto siamo pellegrini di speranza, come auspicato da Papa Francesco, per andare incontro insieme alla Pasqua di risurrezione.
Buona santa Pasqua a tutti!